La cucina gentile

Libera variazione sul tema de “L’idioma gentile” di Edmondo De Amicis.

polenta bianca

L’amiamo perché l’hanno formata, lavorata, arricchita, trasmessa a noi come un’eredità sacra milioni e milioni di esseri del nostro sangue, dei quali per secoli ella espresse il gusto, e le sue sorti furon le sorti dell’Italia, la sua vita la nostra storia, il suo regno la nostra grandezza……
E non é soltanto forma, sapore, colore, ma sostanza del nostro essere. L’amiamo perché é la nostra nutrice (intellettuale, il respiro della mente e dell’animo nostro), l’espressione di quanto é intimamente proprio della nostra indole nazionale *, l’immagine più viva e più fedele e quasi la natura medesima della nostra razza.
L’amiamo perché è il vincolo più saldo della nostra unità di popolo, l’eco del nostro passato, la voce del nostro avvenire……
E dobbiamo studiar la cucina anche per dovere di cittadini. Le cucine si trasformano col tempo, come ogni cosa si trasforma: acquistano nuovi ingredienti e ricette , come gli alberi mettono nuove foglie; ne perdono; di molte che essi conservano l’uso si muta; si mutano le cucine nella sostanza e nella forma: é effetto d’una legge naturale.

Forse perché memore del “parla come mangi!” che immancabilmente mi rivolgeva un collega allorchè tiravo fuori un po’ di latinorm o qualche parola forbita, quando ormai quasi disperavo di trovare un’introduzione soddisfacente ed acattivante alla lezioncina sulla storia dell’alimentazione da tenere all’ “Università della erza età” e mi sono per caso imbattuto nell’ incipit dell’opera, sono stato folgorato dal fervorino che lo scrittore rivolge ad un ipotetico giovinetto e dai suoi ragionamenti sulla lingua, e del tutto involontariamente e quasi automaticamente mi sono trovato a trasporli in chiave gastronomica.

Tu ami la cucina del tuo paese, non é vero? L’amiamo tutti.
E’ inseparabilmente congiunto l’amore della nostra cucina col sentimento d’ammirazione e gratitudine che ci lega ai nostri padri per il tesoro immenso di sapienza e bontà che essi diedero per mezzo di Lei alla famiglia umana, e che é la gloria dell’Italia.

bollito misto

Ma con la trasformazione naturale e inevitabile della cucina non si deve confondere la corruzione, la quale consiste nell’introdurvi, come si fa dai più, alimenti e ricette barbare e non necessarie, leziosità, modi dell’uso spurio, forme che ripugnano all’indole sue. Ora da questa corruzione é dovere d’ogni cittadino colto preservare la cucina della patria…Non é dovere soltanto dei cuochi, é di tutti; perché dove tutti maltrattano e guastan la cucina, finiscono anche i cuochi con essere travolti dall’universale barbarie.

*A noi piemontesi, per la nostra piccola patria, vengono subito in mente due cose : “doi povron bagnà ‘n tl’ ori”(si pronuncia dui puvrun bagnà ntl’ oli: parola d’ordine, vero lasciapassare per acquisire la cittadinanza) e la “bagna cauda” (sorta di cibo sacro/rituale per sopravvivere ai gelidi inverni).